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martedì 31 maggio 2011

Separazione: farsi la guerra o mantenere un rapporto civile

Decidere di arrivare a una separazione non è cosa facile, è una decisione che si prende solitamente quando non si vedono vie d'uscita da una storia che per vari motivi non può più crescere, ma si trascina tra alti e bassi (più bassi per la verità) per forza d'inerzia e non perché ci siano prospettive concrete di rimanere insieme. Decidere di separarsi può essere fatto consensualmente o è uno dei due coniugi che prende la decisione e l'altro è "costretto" a subirla: in questi casi si è portati a pensare che ci sia da parte del coniuge che richiede la separazione un interesse per un'altra persona, ma non sempre è così. Questa è la prima ipotesi che il coniuge "cornificato" fa, poiché è la più semplice, quella che non implica colpe da parte sua, mentre dietro quella richiesta di separazione possono nascondersi una serie di motivi che vanno dall'incompatibilità di carattere alla diversità di interessi, dal non riuscire a far crescere e consolidare un rapporto alla delusione delle aspettative matrimoniali...
Qualunque sia il motivo, certo è che per la coppia non è più possibile essere tale e ammettere di aver fallito non è facile.
Ci sono coppie che dopo la separazione si fanno la guerra per qualsiasi cosa: dalla divisione dei beni, al mantenimento, dagli orari per vedere i figli a chi deve tenere il cane..., altre invece che riescono, maturamente, a riconoscere i propri errori e a mantenere un rapporto civile, a lavorare nella stessa direzione per il bene dei figli, o - se non ci sono - a rimanere in amicizia. La fine di un rapporto di coppia non deve per forza implicare odio tra i due, si può essere buoni amici e confidenti pur non riuscendo a vivere come coppia. Molto dipende dal carattere delle persone e dal tipo di rapporto che si era creato tra i due; vivere insieme implica complicità, lealtà, sentimenti, sincerità, compromessi... che non tutti riescono a gestire poiché l'individualità prevale sulla coppia, esce fuori quell'egoismo che fa parte dell'essere umano e che prevarica l'altro togliendo spazio al partner e soffocando lentamente la coppia in virtù delle esigenze del singolo.
Per un rapporto che finisce ne può nascere uno nuovo, con basi diverse che permettono ai due ex di non divenire dei perfetti estranei.
La cosa sicuramente non sarà immediata, occorrerà del tempo per assorbire il colpo causato dalla separazione, anche se consensuale, e mi sembra inverosimile che due persone la mattina vadano di fronte al giudice a firmare le carte e la sera siano insieme in pizzeria.

mercoledì 25 maggio 2011

Quarant'enni o Peter Pan?

Sembra esserci in atto la tendenza da parte di diversi uomini ormai quarant'enni di vivere da eterni Peter Pan per quanto concerne i sentimenti, l'amore.
Hanno un lavoro consolidato, vivono fuori casa quindi hanno un appartamento proprio, amici, una vita sociale abbastanza intensa (serate in locali, cinema, teatro, cene...) ma in fatto di compagne sono ancora "acerbi" nei sentimenti.
Preferiscono avere numerose "relazioni" - anche se questo non è il termine corretto - loro si esprimono con "mi vedo con una", e magari anche più di una contemporaneamente, ma non hanno nessuna intenzione di legarsi seriamente, di mettere su famiglia. Anzi, la cosa viene preclusa a priori, e se una donna cerca un rapporto degno di questo nome e non solo sesso, viene "costretta" ad allontanarsi, a prendere lei la decisione di mollare tutto, perché - nella maggior parte dei casi - oltre che immaturi sono anche codardi e non hanno il coraggio di dire "finiamola qui!", ma mettono in atto una serie di comportamenti (abbastanza comuni, stereotipati) per cui è la donna ha dover prendere questa decisione, e loro, con la prossima preda - che hanno già individuato - possono fare le vittime, quelli che nonostante tutto il loro impegno in una relazione trovano donne aride di sentimenti, immature, donne in carriera che non vogliono amore ma solo sesso, oppure hanno sofferto troppo perché sono stati lasciati e ora fanno fatica a credere nel genere femminile...
Se una donna si innamora e inizia a parlare di mettere su famiglia, a ipotizzare di avere dei figli, scatta il meccanismo comportamentale: telefonino spento, messaggi senza risposta, appuntamenti mancati, uscite con gli amici ai quali non possono dire di no, impegni vari, stanchezza da superlavoro o stress... o la classica frase "ci vediamo" o "ci sentiamo" senza specificare quando, tutto aleatorio nella speranza che tu, donna innamorata, capisca che è finita! Dovrai strappargli con le pinze frasi del tipo: "Purtroppo non provo niente di serio per te", "ci tengo a te, ti voglio bene ma non sono innamorato!", "ci ho provato ma non è scattato niente, credevo di potermi innamorare ma non è andata così" ecc. ecc. Chi si trova di fronte a questo tipo di "uomo" è incappata in uno di quei "casi" in cui ogni sforzo per fargli cambiare idea è inutile: troppo legato alla sua libertà, alle sue abitudini, al suo egoismo e al suo narcisismo, al suo essere "io" e solo "io" per poter donare amore a qualcuno che non sia egli stesso, quindi quando ci accorgiamo che il nostro lui è un Peter Pan dei sentimenti, meglio troncare lo pseudo rapporto che si è creato prima di esserne troppo coinvolte e soffrire per una persona che non merita nemmeno una lacrima!
A voler vivere da single, in piena libertà sentimentale ed emotiva non c'è nulla di male, basterebbe solo chiarire con l'altra persona le proprie intenzioni: vedersi, parlare, fare sesso, uscire qualche volta insieme senza impegni, senza coinvolgimenti... praticamente non creare o alimentare false illusioni nell'altro; chiarire che si tratta di una frequentazione che non prevede uno sviluppo nel rapporto di coppia volto alla creazione di una famiglia. Avere il coraggio di ammettere ciò che si vuole è sintomo di correttezza ma anche di crescita, cosa il Peter Pan cerca di evitare. Quando una frequentazione di questo tipo cessa, la cosa più squallida che una donna possa sentirsi dire è "va bene, però possiamo rimanere amici!" Amici?!? L'amicizia implica una serie di cose come la lealtà, la sincerità, la disponibilità... che non ci sono state fino ad ora, e dovrebbero esserci da adesso in poi? Certe persone tendono a chiamare chiunque "amico" anche se lo conoscono solo di vista e si scambiano un saluto quando s'incrociano per la strada: questa è educazione, non amicizia!
Riconoscere l'eterno Peter Pan non è sempre facile, spesso sa mascherare bene il suo vero essere e riesce a fare breccia nel cuore di una donna facendo leva su quelle che possono essere le sue debolezze, le sue fragilità. Osservare attentamente la "nuova preda" fa parte della "caccia", per cui una volta individuata scatta la ricerca dei punti deboli e una volta individuati inizia abilmente la "recita", la "farsa" che lo condurrà dritto allo scopo perché saprà essere talmente convincente che lei non potrà evitare di cadere nella trappola.

lunedì 23 maggio 2011

pubblicità via mail

Credo di non essere l'unica a ritrovarsi la casella e-mail piena di messaggi non richiesti: pubblicità, gente che ti scrive per informarti di aver trovato il lavoro on-line in cui si diventa milionari, chi ti vuole vendere pillole miracolose per dimagrire perdendo chili in pochi giorni (cosa neanche salutare tra l'altro), chi ti vuole vendere guide per difendersi dalle fregature che girano sulla rete (e ne sta perpetrando una egli stesso), casinò on line che ti danno bonus in denaro se ti iscrivi, per non parlare delle numerose comunicazioni in cui il tuo indirizzo e.mail è stato sorteggiato e risulta vincitore alla lotteria ultra milionaria di un certo paese o chi ti scrive per proporti una percentuale allettante se lo aiuti a sbloccare dei soldi depositati in un altro paese (già visti a Striscia la notizia) ecc. ecc.
A molti dei suddetti messaggi non puoi nemmeno rispondere per farti cancellare della mailing list, e continuano così a ripetersi giorno dopo giorno, anzi se ne aggiungono di nuovi. Puoi segnalarli come Spam, ma dopo un po' si ripresentano. Una dura messa a prova della pazienza delle persone, le quali non sembra abbiano mezzi a disposizione per contrastare questo fenomeno sempre più dilagante. Cambiare indirizzo e-mail è una soluzione temporanea, poiché - non si sa come - prima o poi si ripresentano. Dov'è la tutela della privacy? Possibile che a chi lavora nel marketing sia concesso di tartassare la gente in questo modo? Non bastavano le telefonate a casa, in ufficio, dei vari operatori telefonici o gestori di servizi che si presentano come i soccorritori del povero consumatore preso per il collo dal suo attuale fornitore, e con la soluzione per risparmiare "chiavi in mano" che poi potrebbe rivelarsi l'ennesima fregatura? Come possiamo noi consumatori difenderci da questi "assedi" pubblicitari in cui ognuno ti vuol vendere qualcosa? Televisione, radio, giornali, riviste, cartelloni stradali... la pubblicità dilaga: fermo restando il detto che "la pubblicità è l'anima del commercio", il cittadino potrà essere libero, "avrà il diritto" di non essere tartassato telefonicamente o informaticamente? Un numero telefonico in elenco è vero, è di dominio pubblico, ma non c'è mica scritto sotto "desidero essere informato telefonicamente di tutte le offerte pubblicitarie e promozionali che qualsiasi soggetto voglia farmi".

mercoledì 18 maggio 2011

Rimettersi in gioco dopo gli anta

La vita ci riserva spesso delle sorprese e quelle che apparentemente potevano essere le nostre certezze si sgretolano. Parliamo del lavoro: lavorare da venti anni in una stessa ditta ti fa maturare un senso di stabilità che tranquillizza, soprattutto se il lavoro ti piace ti senti anche appagata. Ma se ti dicono che devono cessare la loro attività, beh, qualche cosa ti crolla addosso, piccole pietre che scalfiscono le tue certezze.
Rimettersi in gioco a quest'età non è sicuramente facile, perché i tempi sono quelli che sono, non hai competenze acquisite recentemente, non hai esperienza pregressa nelle mansioni che oggi vanno per la maggiore e dove c'è più richiesta di personale. Non puoi fare sicuramente l'apprendista e spesso chi cerca personale, lo cerca di max 32 anni, e tu che nei hai passato gli anta cosa devi fare?
Inizi a cercare nei vari siti, annunci di offerte di lavoro e invii curriculum nella speranza di non venir scartata già alla prima selezione. Vagli anche le possibilità di lavorare a domicilio, ma ti accorgi che in questo settore c'è molto fumo e poco arrosto.
Provi ad allargare la ricerca, cambiando categoria (impiegata, commessa, segretaria, addetta alle pulizie...) e ti accorgi che anche per fare questo semplice ultimo lavoro devi avere un'esperienza pregressa di almeno un anno in qualche impresa di pulizie. Dico, ma anche per pulire in terra devo avere esperienza? e a casa chi pensate se ne occupi? Persino se ti candidi come lavapiatti devi avere esperienza (mica tutti hanno la lavastoviglie a casa, quindi esperienza ce l'hai ma non è dimostrabile).
Non parliamo poi di tutte le nuove normative e corsi vari che occorre fare per essere qualificati a svolgere un determinato lavoro, persino quello più semplice. Corsi di lingue (perché conoscere l'inglese è importante?!?), computer, hccp, internet e chi più ne ha ne metta! Dico ma per pulire il pesce devo per forza sapere che si dice "fish"?
Se sei fortunata e hai altre entrate in famiglia puoi permetterti di dedicarti ad altre attività, ma se sei l'unica che porta, anzi portava uno stipendio a casa, cosa devi fare? Continuare a cercare tra "giovani ragazze di bella presenza, max 25 anni, ottima conoscenza lingua inglese scritta e parlata, esperienza pregressa di almeno 1 anno nel ruolo specifico, disponibilità a trasferimenti, laurea in... e master in..., cercasi stagista o apprendista..." nella speranza che prima o poi ci sia una richiesta di personale alla quale puoi rispondere.  Se la speranza è l'ultima a morire allora... speriamo!

Quando separarsi è l'unica soluzione

Arrivare a decidere di separarsi per una coppia o per uno dei due non è facile: è una decisione che non si prende alla leggera, ma matura nel tempo in virtù di una serie di fatti e circostanze che impediscono il prosieguo del cammino insieme.
Le prime volte che la coppia entra in crisi si cerca di rincollare i cocci, ma mano a mano che le crisi si ripetono i pezzetti del vaso sono sempre più piccoli e diventa difficile riuscire a rimetterli insieme, fino a che non è più possibile. A quel punto meglio buttare via tutto che cercare di riparare l'irreparabile. Non è cinismo, ma praticità: a meno che non si sia autolesionisti, come possiamo pensare di vivere a fianco di una persona se non ci sono più sentimenti, fiducia, complicità? Ammettere il fallimento della propria unione è dura, sia con se stessi che con gli altri, ma è un passo "necessario" per riappropriarsi della realtà e non continuare a vivere nell'utopia che le cose si aggiusteranno; il prosciutto è meglio mangiarlo che metterlo negli occhi.
Tradimenti, violenze familiari (fisiche o psicologiche), incompatibilità... possono sorgere anche dopo diversi anni di convivenza, quando la routine della coppia è consolidata, e questo può indurre a ritardare quanto più possibile il distacco, magari ricorrendo a vivere due vite separate ma sotto lo stesso tetto, per mantenere se non la sostanza almento l'apparenza.
La cosa si fa più complicata quando la coppia ha dei figli, almeno questo è il pensiero comune, poiché sicuramente saranno loro che risentiranno maggiormente della separazione dei genitori. Il pensiero ha certo le sue fondamenta, ma cosa è meglio per loro, vivere in un ambiente sereno, tranquillo, con un genitore (alla volta) che li segue amorosamente o vedere/sentire due genitori litigare, urlare, lanciarsi oggetti, offendersi, arrivare alle mani? vivere con due genitori troppo presi dalle loro incomprensioni e problemi per accorgersi che ci sono i bambini e che hanno bisogno delle loro attenzioni e del loro tempo? I bambini saranno anche piccoli, ma non sono dei cretini, percepiscono le tensioni, il clima familiare pesante e anche se non possono esprimersi a parole, il loro corpo parla lanciando dei segnali di disagio che potrebbero divenire allarmanti.

Reality: TV spazzatura o intrettenimento

Reality sì, reality no. Chi ha ragione? La cosa è molto soggettiva, e tutto dipende dallo spirito con cui il telespettatore si diede di fronte alla televisione per assistere a una puntata di un qualsiasi reality. Se ci apettiamo di assistere ad un programma culturale o con contenuti sostanziosi, allora è meglio cambiare subito canale, se invece vogliamo trascorrere qualche ora a vedere gente litigare, divertirsi, fare discussioni frivole  per non parlare di scene "calde" allora mettiamoci seduti comodamente, siamo nel canale giusto.
Definire un reality Tv spazzatura può essere comprensibile, ma il termine non dovrebbe essere riferito solo a quello ma anche ad altre trasmissioni che vengono proposte come di attualità e poi finiscono immancabilmente a far gossip o a "vivere" sui personaggi dei reality.
Il termine "intrattenimento" potrebbe anche "passare", basta capire che ci riferiamo al fatto che un reality intrattiene le persone, facendo loro trascorrere del tempo davanti alla TV, non ai contenuti.
I cosiddetti "concorrenti" che partecipano al "gioco" possono farlo per esperienza personale, ma principalmente per trovare una scorciatoia e provare ad entrare nel mondo della televisione, dove tutti credono poter far soldi con poco impegno. Pensiamo ai concorrenti delle varie edizioni del GF, per esempio: in tanti sono passati davanti alle telecamenre e pochi (si contano sulla punta delle dita) quelli che hanno trovato una loro strada nel mondo dello spettacolo. Chi ha lavorato o lavora nel cinema ha mostrato impegno e talento, altri sono solo comparse, altri - la maggior parte - meterore cadute nell'oblio.
Le emittenti televisive propongono i loro "prodotti editoriali" sta all'intelligenza dei spettatori scegliere cosa guardare. Ben inteso, seguire un reality non significa essere poco intelligenti, ma soltanto scegliere un tipo di intrattenimento che non richiede un particolare impegno.

lunedì 16 maggio 2011

Figli succubi dei genitori

Perché tanti genitori si sentono autorizzati a "dirigere" e condizionare le scelte e la vita dei propri figli anche quando questi sono grandi?
Quelli che loro chiamano "consigli" sono in realtà "imposizioni", nel senso che o fai come ti dicono loro o sei un cretino, un ingrato, nella via non farai nulla di buono, non sai prenderti cura dei tuoi affari, non sei scegliere il compagno/compagno adatto a te, non sai spendere, non sai risparmiare, dai fiducia alle persone sbagliate, sei un credulone, non sai come va la vita....
Genitori convinti che senza di loro i figli non saprebbero cavarsela, o meglio gli piace credere che sia così perché non intendono mollare il comando, il controllo, convinti che se li lasciano"andare" sarà una catastrofe. Parlo di figli che hanno ormai superato gli anta, ma che sono legati da una sorta di vincolo di amore-odio che agendo sul senso di colpa, sull'irriconoscenza li "obbliga" a seguire i "consigli" genitoriali, per non ferirli, farli sentire ormai inutili...
Da figlia e da genitore penso che sia difficile rallentare le briglie, ma è un distacco necessario alla crescita dell'individuo e non significa essere genitori memefreghisti o poco amorevoli, ma genitori coscienti di aver fatto tutto il possibile per crescere un individuo fine a sé stesso e non un nostro clone o cio che noi volevamo essere e non siamo riusciti ad essere.